Sconfini

Società Umanitaria, Milano, 1993

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Secondo le antiche tradizioni i limiti degli spigoli definiscono quello che compete alla terra, mentre l’infinito, il cielo, è indicato dal cerchio; il quadrato dunque è il punto di partenza, l’uomo terreno, e le metamorfosi successive alludono al superamento delle prove e dei limiti, necessari passaggi per arrivare al cerchio, simbolo della realizzazione spirituale. In “Sconfini” Marina Piatti lascia questo riferimento al taglio orientale del diamante (“Se tu segui tua stella...” Palazzo dei Diamanti, Ferrara, 1985) ed entra nell’immagine simbolica della deambulazione alla ricerca della reciprocità esistente tra piano orizzontale e piano verticale.

Cancella ogni indicazione di passaggi obbligati per annullare la dimensione. Una sorta di percezione illusionista fa si che lo scambio tra il colore di quanto configurato sul piano orizzontale e quanto vive per “l’aere”, come soggetto di mediazione, nel piano verticale, si risolva in armoniosa vibrazione dell’atmosfera in un’unica sintesi.

Gli angoli in questo caso sono emblematici; smussati e integrati in uno spazio immaginario fluido che tende a trasmutare i luoghi -il “Chiostro delle Statue”- in spazio atemporale.